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Genesi di un romanzo, parte seconda (2016-2021)

Il viaggio e l’imprevisto.
Nel trascorso di quattro mesi, da marzo a luglio del 2017, ebbero luogo due eventi, l’uno voluto e l’altro inaspettato, che avrebbero lasciato un segno indelebile nella mia vita, contribuendo a delinearne i lineamenti futuri.
Il primo, il viaggio nella sognata Patagonia, avrebbe fissato nella mia mente persone, luoghi, acque e sapori che avrebbero in seguito animato le pagine della mia futura opera; il secondo, l’infarto, mi avrebbe all’improvviso messo di fronte alla caducità della vita. Ma il fato, ancora una volta, venne in mio aiuto, facendo in modo che, grazie alla tempestività dell’intervento, il mio cuore non subisse danno alcuno; la mia anima, invece, ne sarebbe uscita arricchita, cosa di cui mi sarei reso conto solamente più tardi.

La rinascita e la svolta.
Iniziò così quella che io chiamai rinascita; una rinascita emersa dal profondo, della quale solo chi ha avuto la percezione di essersi avvicinato all’inesorabile momento della trascendenza, può intuirne la potenza trasformatrice.
La totale consapevolezza di quanto la dea bendata mi avesse a cuore, la ebbi un anno dopo, a fine luglio del 2018, quando, nello studio di un cardiologo di Cali, mi fu spiegato ciò che mi sarebbe potuto succedere in circostanze diverse da quelle che si verificarono nel mio caso.
Tre giorni dopo quella visita medica, al cospetto delle Ande colombiane, accesi il mio portatile, aprii una pagina in bianco e, dopo alcuni interminabili minuti durante i quali l’ispirazione e il coraggio prevalsero sulla titubanza e la paura, iniziai a dar vita allo scritto che, di lì a due anni e mezzo, sarebbe divenuto il mio primo romanzo: L’altro fiume.

La creazione e la metamorfosi.
La scrittura di un romanzo, prima d’iniziare a elaborarne uno, l’avevo sempre relazionata innanzitutto con l’ispirazione; molto presto, mi resi conto che così non sarebbe stato. Lo studio, la disciplina, la perseveranza e la resilienza, sarebbero divenute infatti le mie inseparabili compagne lungo tutto il cammino. L’ispirazione avrebbe sí continuato a essere il prezioso e ondivago carburante che mi avrebbe permesso di dar vita alla mia storia e ai suoi protagonisti, ma, senza tutto il resto, non sarei mai arrivato fino in fondo e, soprattutto, non avrei mai acquisito, strada facendo, la consapevolezza di vivere quella metamorfosi che va trasformandoti a poco a poco in una sorta di messaggero che agisce sí per proprio conto, ma sognando di raggiungere tutti. E proprio il sogno, con il suo inafferrabile soffio notturno, ha accompagnato tutto questo mio cammino, così come sarà la fonte ispiratrice del cambiamento di Liam nella sua ricerca dell’altro fiume.

 

 

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Genesi di un romanzo, parte prima (2000-2015)

L’ispirazione.
Tutto iniziò a Milano all’alba dell’otto dicembre dell’anno 2000, quando buttai giù la prima stesura di quello che nacque come soggetto di un film e che, in seguito, si sarebbe invece trasformato in romanzo. A testimonianza di ciò, rendo pubblica la prima pagina del documento, che allora titolai: “Cercando il nostro sogno”.
Otto cartelle scritte di getto, dove prendeva forma, tra New York e la Patagonia, la storia di John Coltrane (l’attuale Liam Murphy).

La disillusione.
Alcuni mesi più tardi, durante un fine settimana passato a Civita di Bagnoregio, borgo di origine etrusca in provincia di Viterbo, avvenne l’incontro che mi avrebbe illuso per un istante, e disilluso per molti anni a seguire. In un bar del centro, mi ritrovai al cospetto di uno dei più acclamati registi italiani dell’epoca che, in compagnia di una bella signora, stava consumando la sua colazione del mattino. Non ci stetti a pensar su nemmeno un secondo; anche se l’emozione mi faceva tremare le gambe, mi alzai, mi diressi verso di loro, e m’introdussi, così:
– Buongiorno maestro, la posso disturbare un momento. Mi chiamo Ezio Maciotta e ho da poco scritto un soggetto di un film. Ho pensato che forse lei potrebbe darmi qualche consiglio su cosa fare.
Mi liquidò con questa lapidaria frase:
– Ci sono parecchi concorsi, in Italia, dove poter presentare il proprio soggetto. S’informi. Buona fortuna.
Il risultato di quel breve dialogo, più tardi, fu quello d’indurmi a riporre la mia idea nel cassetto; cassetto dal quale, di quando in quando, andai prelevando il manoscritto, affinandolo e arricchendolo, senza sapere bene il perché.
Giunsi anche alla conclusione che il mio Paese, ahimè, non era forse il più adatto per una storia così americana.

Il risveglio.
Nel novembre del 2015, durante una delle solitarie nottate che caratterizzarono la mia esperienza di personal chef a Bogotá, ebbi un’illuminazione; un’illuminazione che mi avrebbe portato a disseppellire una fugace amicizia maturata durante un viaggio a Londra sul finire degli anni Novanta e, di conseguenza, il mai del tutto sopito sogno del mio soggetto cinematografico. Nella rubrica indirizzi del mio smartphone, ripescai l’email di Ben Odell che, nel frattempo, si era rivelato un talentoso produttore cinematografico, vincendo nel 2007, con il film “Padre Nuestro”, il Sundance Festival. Gli scrissi, rivelandogli il desiderio di sottoporgli la mia idea. La sua risposta non tardò ad arrivare, con la missiva che si apriva con la parola “Hermano”, a testimonianza che il nostro seppur breve incontro aveva lasciato un segno. Un inaspettato destino sentimentale, poi, ci accomunava: anche lui si era sposato con una colombiana.

Mi propose d’incontrarci, durante le imminenti vacanze di Natale, a Manizales, città d’origine di sua moglie, situata a poche decine di chilometri da Armenia, città natale della mia, di moglie. E così fu. In una luminosa mattina di fine dicembre, ci ritrovammo a fare colazione insieme; e io ebbi la mia chance. Mi lasciò parlare per più di un’ora, senza interrompermi, fino a quando, dopo avermi dispensato alcuni impagabili consigli che mi permisero poi di mettere a punto il profilo del mio protagonista, concluse dicendo:
– Ezio, ti piace scrivere? Se saprai mettere nero su bianco questa storia, anche sotto forma di una novella breve, non necessariamente di un romanzo, ne potremo riparlare.
Le sue parole riaccesero la fiamma che si era affievolita da tempo, ma sarebbero dovuti passare ancora alcuni anni, o meglio, molta acqua sotto i ponti, perché quella fiammella si trasformasse in un inestinguibile fuoco ispiratore.